Lo sostiene il Tar Lazio in una recente sentenza
L’episodio
È stato chiesto l’annullamento del provvedimento disciplinare con cui è stata erogata la sanzione disciplinare della sospensione senza obbligo di frequenza scolastica per dieci giorni presso un istituto d’istruzione superiore. Colpa della studentessa è di aver scattato e diffuso alcune foto in cui erano ritratti una sua insegnante e un compagno di scuola. L’istituto descrive la condotta all’interno di un più generale quadro di bullismo applicato nei confronti di un soggetto disabile all’interno della scuola, all’interno del quale è stata prevista analoga sanzione anche per altri studenti coinvolti nella vicenda.
La motivazione
Il Tar Lazio accoglie il ricorso, stigmatizzando il provvedimento sanzionatorio come privo di adeguata motivazione. Questo proprio alla luce della complessità, della vastità e della delicatezza del problema “bullismo” nelle scuole, che come tale non consente di far venire meno le esigenze e i requisiti fondamentali del provvedimento amministrativo, primo tra tutti la motivazione.
Nel caso di specie, rilevano i giudici, non risulta adeguatamente rappresentata la condotta concretamente ascrivibile alla studentessa, ritenuta peraltro di minore gravità rispetto a quella addebitata ad altri studenti, e nemmeno viene ad evidenza la correlazione diretta della motivazione e della sanzione al comportamento effettivamente tenuto dalla stessa. Ne discende che la mancata puntuale descrizione dei fatti attribuibili alla stessa si traduce sia in un vizio della motivazione del provvedimento e, conseguentemente, nella violazione dei principi di proporzionalità e ragionevolezza della sanzione, con conseguente annullamento del provvedimento sanzionatorio impugnato.
Fonte dell’articolo: Il Sole 24 Ore