Tempi più lunghi per le pensioni

Tempi più lunghi per le pensioni

Spread the love

Tempi più lunghi per le pensioniEntro domani le domande per l’uscita anticipata. L’Inps valuterà il conto consuntivo Fatta l’istanza, in media bisognerà aspettare 6-7 mesi

 di Nicola Mondelli 

I docenti e il personale educativo ed Ata in servizio con contratto a tempo indeterminato che, potendo fare valere al 31 dicembre 2018 i requisiti contributivi richiesti dalla normativa vigente (41 anni e dieci mesi se donna e 42 anni e dieci mesi se uomo), vuole essere collocato a riposo con diritto al trattamento pensionistico anticipato con decorrenza 1° settembre 2018, ha tempo fino a domani per inoltrare la domanda di dimissioni volontarie dal servizio. Le indicazione sono contenute nel decreto ministeriale n. 919 del 23 novembre 2017 e nella circolare ministeriale di pari data prot. n. 50436. Va utilizzato esclusivamente il sistema delle istanze online presenti nel sito web Polis del ministero dell’istruzione.

Per avere la certezza sulla sussistenza dei requisiti contributivi che danno diritto al trattamento pensionistico sia anticipato che per raggiunti limiti di età, tanto il personale che ha presentato la domanda di dimissioni volontarie quanto quello che sarà collocato a riposo d’ufficio per raggiunti limiti di età, dovranno attendere un paio di mesi.

Da quest’anno infatti l’accertamento del diritto al trattamento pensionistico sarà effettuato da parte delle sedi Inps competenti territorialmente sulla base dei dati presenti sul conto consuntivo entro i termini che saranno comunicati successivamente con una nota congiunta Miur/Inps. Tali termini dovranno peraltro tenere conto anche dei tempi necessari per la comunicazione al personale dimissionario dell’eventuale mancata maturazione del diritto al trattamento pensionistico.

Si prospettano tempi più lunghi (indicativamente sei/sette mesi dalla data di presentazione della domanda di pensione) per avere piena conoscenza dell’ammontare del trattamento pensionistico.

Collocamenti a riposo per raggiunti limiti di età o per dimissioni volontari, queste ultime se presentate appunto entro il 20 dicembre 2017, non sono comunque le uniche cause che possono comportare la cessazione dal servizio a decorrere dal 1° settembre 2018. Nella speciale normativa previdenziale che si applica al personale della scuola (valga per tutte la disposizione di cui all’art. 59, comma 9, della legge n. 449/1997 secondo cui per il personale del comparto scuola resta fermo, ai fini dell’accesso al trattamento pensionistico, che la cessazione dal servizio ha effetto dalla data di inizio dell’anno scolastico successivo, con decorrenza dalla stessa data del relativo trattamento economico nel caso di prevista maturazione del requisito entro il 31 dicembre dell’anno), ne sono presenti altre che non dipendono dalla volontà del dipendente ma dalla determinazione del dirigente scolastico il quale può e in un caso deve disporre, in applicazione delle disposizioni di cui all’art. 72, comma 11, del decreto legge 25 giugno 2008, n. 112, espressamente richiamato dalla circolare ministeriale 50436 del 23 novembre 2017, la risoluzione unilaterale il rapporto di lavoro (facoltativa) o il collocamento a riposo d’ufficio (obbligatorio).

La risoluzione unilaterale del rapporto di lavoro può essere disposta, previo un preavviso di sei mesi, nei confronti del personale che, pur possedendo i requisiti contributivi richiesti per l’accesso al trattamento pensionistico anticipato (indicati in premessa) maturati entro il 31 agosto 2018 ma non quelli anagrafici, non ha presentato la domanda di cessazione dal servizio con decorrenza 1° settembre 2018.

La decisione di risolvere unilateralmente il rapporto di lavoro non è comunque solo facoltativa ma deve anche essere motivata con riferimento alle esigenze organizzative e didattiche della istituzione scolastica e tenere conto dell’eventuale esistenza di una situazione di esubero del posto, classe di concorso o se è un Ata del profilo di appartenenza dell’interessato.

Qualora il dirigente scolastico non si avvalga della facoltà di risolvere unilateralmente il rapporto di lavoro dovrà obbligatoriamente collocare a riposo il docente o l’Ata che abbia raggiunto alla data del 31 agosto 2018 il sessantacinquesimo anno di età e maturato i requisiti contributivi prevista per l’accesso al trattamento pensionistico anticipato, cosi come prevede l’art. 2, comma 5, del decreto legge n. 101/2013.

Il comma 5 dispone infatti che per i lavoratori dipendenti dalle pubbliche amministrazioni, ivi compreso il personale della scuola, il limite ordinamentale per il collocamento a riposo d’ufficio vigente alla data di entrata in vigore della legge n. 201/2011 (65 anni per il personale della scuola, ndr) non è stato modificato dall’elevazione dei requisiti anagrafici previsti per la pensione di vecchiaia (66 anni e sette mesi) e costituisce il limite non superabile, se non per il trattenimento in servizio o per consentire all’interessato di conseguire la prima decorrenza utile alla pensione ove essa non sia immediata, al raggiungimento della quale l’amministrazione deve fare cessare il rapporto di lavoro se il lavoratore ha conseguito, a qualsiasi titolo, i requisiti per il diritto a pensione.

©Riproduzione riservata

Fonte dell’articolo: ItaliaOggi




Professione Docente

Professionedocente.com è un sito web dedicato alle notizie per il personale scolastico, docenti, dirigenti scolastici, personale ATA, personale educativo, genitori e studenti

View all posts by Professione Docente →

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.